Novembre 2013. Mi sveglio nel cuore della notte con il fiato corto, smorzato da un dolore intercostale. “Che cavolo ho mangiato ieri sera?” mi domando mezza moribonda. Provo a riaddormentami ma dopo poco mi devo rialzare dal male che provo allo sterno. Non demordo. Cerco il sonno per svariate volte fino a mattina, alzandomi a intervalli di venti minuti. Sorge il sole e me ne vado al lavoro ansimando come una partoriente. Il mio fidanzato voleva portarmi al pronto soccorso e io dissi lui “Ma va… Poi passerà…”

Al lavoro mi dimeno come un’anguilla sulla sedia, a mezzogiorno il mio caporeparto mi prega di andare a farmi vedere e così mi reco prima al Valduce, dove dopo 4 ore sono ancora in sala d’attesa con un misero codice bianco. Spazientita vado all’Ospedale di Cantù dove, grazie al cielo, mettendola giù dura riesco a entrare per farmi visitare. L’infermiera mi tasta in luoghi di cui non conoscevo neanche l’esistenza. Dopo un po’ fa una faccia preoccupata e mi dice che devo fare una tac… UNA TAC? Il mio cervello associa subito al peggio. Mi lascia su una sedia a rotelle a rimuginare mentre aspetto l’esito.

Torna con il sorriso “Ci hai fatto proprio spaventare!”, dice. “Hai una ciste di 10 cm nel petto, dovrai fare accertamenti ma sembra benigna”. Torno a casa.

Il giorno dopo vado di nuovo al Valduce per i suddetti accertamenti. Mi dicono che dovrò fare una biopsia mediastinica per capire la natura della ciste. UNA CHE?! Vabbè, arriva il giorno. Mi portano in sala operatoria e, un po’ per il freddo, un po’ per l’ansia, comincio a ridere in maniera convulsa sul lettino e a saltare come una trota fuor d’acqua. Entro finalmente in sala per l’intervento. “Conta da uno a dieci”… l’ultima cosa che vedo è la faccia del chirurgo che scompare in un vortice. Buonanotte!

Mi sveglio come se fossi appena uscita da una macelleria… il maiale ero io, però! Dopo qualche giorno il risultato enunciato dal dott. Rossi: Linfoma non Hodking a grandi cellule B. Beh, gran bel nome, niente da ridire… ma che cosa significa? …Eh niente, avevo un tumore che mi stava schiacciando la vena cava che porta l’aria al cuore e premeva tra quest’ultimo e lo sterno. E grazie a Dio! Se non si fosse sviluppato in tal senso, sarei morta senza accorgermene o forse sarebbe andato in metastasi… ma sono solo ipotesi. Mi affidano al dott. Cairoli, devo fare 6 cicli di chemioterapia e un quarantina di radio. Ma sì, va bene! Tutto pur di guarire! Poi mi dicono “Perderai i capelli”… no, scusi può ripetere? Mezzo metro di capelli gioia, non so se rendo l’idea?! Eh vabbè, dopo 6 ore di pianti non posso far altro che rassegnarmi all’idea. Così il 23 dicembre comincio con la prima chemio… ‘na schifezza! Una sensazione mai provata prima. Una serie di siringhe bianche e rosse entrano nella flebo, la palpebra cala, un sapore metallico sale su per la gola. Carla mi porge una caramella… “È fantastica questa donna”, penso. La caramella alla fragola comincia a sapere di metallo a sua volta. Dopo 45 minuti finisco, vado a farmi dare il secondo appuntamento. Grazie a Dio c’è mia madre.

Non capisco alcunché di quello che dice l’infermiera, sono troppo “rimbambita”. E così torno a casa, nervosa e provata… una è andata, meno 5. Il giorno dopo la chemio vado a fare l’anticorpo. SETTE ore attaccata a una flebo. Fortunatamente il farmaco ha un effetto soporifero e mi addormento ogni mezz’ora.

Dopo 15 giorni cominciano a cadere i capelli… la mia tragedia ha inizio. Entro in doccia e li spazzolo, restano quasi tutti nel pettine. Io e mamma cerchiamo di sistemare il poco che rimane con poco successo. Ho deciso vado a tagliarli corti. E così dopo pochi giorni sono calva. Quella santa donna di Carla mi regala una parrucca… l’adoro! Il mio corpo per colpa del cortisone cambia. Sono gonfia, gonfissima! E sono pelata come nemmeno una palla da Bowling! Perlomeno respiro, dai! Mi metto in malattia dal lavoro e passo i successivi sei mesi a pensare alla mia salute.

Tra scleri, pianti e momenti intensi finisco le terapie. Il primo maggio 2014 mi raso la testa per l’ultima volta. Dopo qualche mese di controlli finalmente il dott. Turrini può ufficialmente dichiarare la mia guarigione! Io però ufficialmente malata non mi ci sono mai sentita. Non ho mai creduto, neanche per un istante, che quella schifezza di 10×6 cm potesse farla franca. Ed è questo il vero motivo per cui scrivo queste parole. Non datevi MAI PER VINTI, NON PENSATE MAI DI NON POTERCELA FARE. Sostenete e rallegrate le persone care che avete intorno, loro non possono sapere che cosa accadrà, ma voi si!

VOI avete in pugno la situazione e sempre VOI sapete che nulla potrà strapparvi alla vita. Ricorderò per sempre le facce dei miei genitori in quel periodo, ricorderò sempre il pianto del mio ragazzo tra le mie braccia appena scoperta la malattia. Con forza e coraggio estremo mi hanno aiutata ad andare avanti, nonostante il mio caratterino poco docile…

Ringrazio tutti coloro che mi hanno aiutata in questo cammino veramente duro.

Grazie,

Jessica